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[...] Seppur con intensità differenti e direttamente proporzionali alle forze messe in campo dal movimento di classe, lo Stato ha agito una strategia di annientamento delle forze politiche e sociali che hanno provato a invertire e sovvertire i rapporti di forza nel nostro paese. Una strategia giocata senza esclusione di colpi, ricorrendo alla violenza politica e alla tortura, andando ben oltre i limiti consentiti dalle leggi “democratiche”, con buona pace della litania che ci propinano da decenni sulla “vittoria legale” dello Stato nella “guerra contro il terrorismo”. [...]

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Come comitato La tortura è di Stato! Rompiamo il silenzio avevamo immaginato di far uscire il nostro appello anche su Il Manifesto. Credevamo, evidentemente in maniera ingenua, che il risalto che in questi giorni il quotidiano aveva dato alla questione dell’amnistia andasse

nella stessa nostra direzione, in quella cioè di creare dibattito e mobilitazione anche attorno alle vicende della tortura di Stato contro i compagni rinchiusi nelle carceri. E invece, apparentemente inspiegabilmente, Il Manifesto ci ha censurato, impedendo all’appello di aggiungere quella certa visibilità che il quotidiano poteva dare (altra prova di ingenuità, visto che ormai viene letto solo dalla redazione che lo produce e dai loro familiari). L’appello non è stato pubblicato, senza alcuna risposta se non un laconico rimando a problemi di spazio. La motivazione reale è come sappiamo ben altra. La loro è una posizione politica, e come tale va denunciata.

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